Vogliamo Volare?

Caro Luca,Mi ha chiesto che impressione mi abbia fatto il suo editoriale (qui). Non guardo il passato con nostalgia. Quando vi ricorro c’è sempre il piacere del ricordo, e mai mi sarei aspettato che proprio lei mi restituisse leradicidel mio interesse verso ilplein air. A metà anni ’70 conclusi un periodo di formazione (settore scientifico) per conto della mia azienda aHemel Hempstead(Londra). Poco iltempo libero, qualchemuseo, ed unamostradelcampeggio. Mi colpirono lecase mobili. Una pratica molto diffusa nelRegno Unito. InitaliailCampeggiostava migrando dallatendaallacaravan. Le cilindrate medie passavano da 850 cc a 1.100 cc. Il “Fattore Amico” di oggi, trovava nella generica “accoglienza rurale” momenti di qualificazione della vacanza e se ne fondava la filosofia in una sede di via Vittorio Emanuele a Roma. Larivista 2Csosteneva lavacanza itinerante. L’Arcauna sorta di profeta. All’altezza diAprilia, sullaPontina, qualcuno propose unvillaggiodi Case Mobili. Il progetto implose presto e da allora, mai la casa mobile in Italia divenne qualcosa di più di un’idea. Nel 1976 comprai presso laKarvel, invia Aurelia– gestita da un ingegnere che costruiva camper sulFiat 242, unacaravan Eriba, promessa sposa diHymer. Non sapevo dove metterla. L’appoggiai in uncampeggiosullago di Bracciano. Quando mi chiamarono perche invasa dalle formiche, capii che gestire unaroulottenon era semplice. La restituii alla Karvel e mi fu permutata con ilCamper Citroen, quello della foto del suo redazionale. Un tre marce 6v che divertivaellettrautoemeccaniciche ci mettevano le mani. Quel camper radicò tre famiglie ed eredi alla vacanza in viaggio. La mia professione mi faceva vivere negli alberghi in giro per l’Europa e trovava nelle vacanze in camper un momento straordinariamente liberatorio. Oggi, quello che era solo vacanza è uno strepitoso “way of life”………..specie dopo che ho incontrato Luca Stella!!! Non so se ho risposto alla sua domanda, ma io le dico, mi creda, un sentito grazie……e ben lieto che, dopo aver stanato la mia lettera, l’aspettasse un bel piatto di spaghetti all’aragosta. A lei buon lavoro…Umberto Agliastro Gentilissimo signor Umberto, avevo chiesto il suo parere perché volevo rispettare quello che lei scrisse all’epoca e che, purtroppo, ho ripetuto io in epoca recente, senza sapere che il detentore del copyright di quanto pensavo e scrivevo fosse lei. Spero ora non mi citi per danni, visto che gli elementi per farlo ci sono tutti. Il fatto che due persone con età, cultura, vita diverse, come due esseri umani comunque sono, possano a distanza di decenni pensare le stesse cose, giungere alle stesse sintesi ma anche effettuare ragionamenti simili mi dice che in fondo il nostro è un mercato banale, di facile e chiara lettura e che, triste dirlo, in trent’anni non ha fatto passi evolutivi. Sì, certo, oggi icamperhanno ben più di tre marce e lecaravansi posteggiano con il telecomando, ma queste sono banalità, sciocchezze, oserei direelementi ludiciper gli amanti del genere, ma la sostanza, il concreto, il “terra-terra” è tutto lì. Tutto esattamente uguale ad allora. Ricordo ilKit Karvelche assieme a quelloFiammae ad altri ha consentito a tante famiglie di comperare un furgone di seconda mano ed allestirlo con poco per le vacanze. Oggi pratica vietata dalle normative comunitarie ma, ad esempio, non da quelle svizzere, dove infatti è ancora fenomeno diffusissimo. Oggi come il 1977, tutto uguale, tutto identico. Sa la sola cosa che manca dell’epoca? Lavoglia di sognare. Oggi io rabbrividisco a vedereveicoli ricreazionalicon due o tre schermi tv, perché latelevisionebisogna poterla vedere ovunque, in qualsiasi parte dell’ambiente (che poi non è unavillada 200 stanze) ci si ritrovi. Io che ho sempre considerato il bello delturismo all’apertoil perdere lacognizione spazio-temporalee quindi anche l’evitare di sapere sempre e comunque cosa dice ilMontidi turno o se è vero cheBelenha lasciatoCorona. Con tutto il rispetto per tutti, ma chi se ne frega. Oggi purtroppo troppi utenti del nostro settore sono cosìalienati, cosìincapaci di educare i figliche senza due o tre monitor tv non saprebbero cosa fare, che dire loro o come gestirli, roba da matti, quando l’elemento principe dovrebbe essere il poter vivere con i membri del proprio nucleo familiare. Pensiamo a quanti comperino mezzi del nostro settore e poi? E poi lo sappiamo tutti nel 90% dei casi cosa accade:CapodannoaParigi,OktoberfestaMonacoeCapo Nordadagosto, e poi tutti a chiedersi cosa fare con quel coso. Lei ha citato “Fattore Amico” che insegna a dove e come utilizzare il proprio mezzo. Scomettiamo che la grossa maggioranza degli iscritti al circuito è straniera? Lei mi ha fatto riflettere con la sua lettera del 1977 e con le sue previsione da novello “Mago di Forcella” (perdoni l’irriverenza): qui dobbiamo tornare avolere volare, asognaree per farlo bisogna però partire da una base tecnica. Anche la più bella casa sognata ha solide fondamenta e quelli le si ritrova nel comprendere come in trent’anni tutti gli operatori hanno subito il mercato, senza provare a governarlo. Come scrissi in quel mio libro che ha anche lei: proviamo a fare come i britannnici? Visto che sociologicamente sono la popolazione più affine a quella italiana nel nostro settore? Provare a vedere cosa è successo da loro, come, per esempio, nel 1983 in Gran Bretagna venne fatta una scelta che ha reso fino ad oggi immune quel mercato da qualsiasi crisi, eppure ne hanno avute anche peggiori di questa nostra. Vedendo la sua esperienza in questo settore e la mia, direi che è possibile. Ce ne sono altri che sanno volare o avrebbero voglia di? A proposito, quando passa dalle mie parti, le faccio capire il perché di tanta esaltazione per un primo piatto.