Sitac i camper abruzzesi

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camper Sitac

Gentile direttore Stella, si parla spesso di utilizzo di materiale sintetico al posto del legno nelle pareti per ridurre o annullare il rischio infiltrazioni.

Proprio lei recentemente ha ricordato la soluzione Alu-Tech della Bailey che elimina il problema mediante l’utilizzo di una scocca in acciaio. Se la memoria non mi inganna però c’era un tempo un costruttore marchigiano o abruzzese di camper che faceva già qualcosa di simile.

Sbaglio?

Michele Laparuta

Risponde Luca Stella

Complimenti, bella memoria, credevo di essere il solo a ricordare i fasti della Sitac.
La Sitac, a partire dell’anno di fondazione nel 1975, è stato un importante e prestigioso produttore di mansardati con soluzione innovative.

Il suo Paco 400 (nella foto, ndr), per esempio, su OM Grinta prima e su Iveco Daily poi, fu il primo in assoluto a essere dotato delle due finestre in mansarda, così come, e ha ragione Lei!, il primo a essere dotato di scocca portante, soluzione che all’epoca vedeva equipaggiate anche le caravan Nardi, serie Futura esclusa. Si dirà che anche Nardi aveva una produzione di autocaravan e ciò risponde al vero, ma in un periodo successivo a quello in cui operava la Sitac.

La Sitac nacque dall’entusiasmo di alcuni camperisti incalliti che misero assieme il capitale necessario per dare vita a questa azienda a Pescara, quindi si tratta di una azienda orgogliosamente abruzzese e che ha contribuito a scrivere la storia del settore. Il successo, immediato, e non solo in Italia, permise a questa azienda di trasferirsi in uno stabilimento nuovo a Monte Silvano, uno stabilimento che, all’epoca, era tra quelli dotati dei migliori equipaggiamenti tecnici e tecnologici.

Poi la Sitac chiuse, ma non per chissà quale problema, semplicemente perché i soci a un certo punto avevano vedute differenti sul modo di condurre gli affari e preferirono liquidare invece di tirare avanti senza una strategia condivisa. Un vero peccato perché ancora oggi quelle scocche non sfigurerebbero affatto e bene Lei ha fatto ad accostarle a quelle della Bailey, perché l’AluTech ha molti ricordi italiani, dal modo di ancorare le pareti, che ricorda molto quelli di Laika di nemmeno troppo tempo fa, alla struttura portante di Nardi, all’utilizzo di soluzioni che vedeva primeggiare la Sitac.

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