Il problema c’è e come sempre capita porsi una domanda può non voler dire avere una risposta semplice o che individui un unico male, magari con la ricetta giusta per curarlo.
Vediamo quindi di partire con la domanda: perché in Italia chiudono sempre di più le aree di sosta camper?
Partiamo dal discorso costi di gestione che sono particolarmente elevati a fronte di una politica dei prezzi che deve essere il più basso possibile, quasi nullo.
Questo è derivato da diversi fattori, il primo una politica fiscale nel nostro paese che non è incentivante per quanto relativo alle strutture di accoglienza nel nostro mondo, difatti vale anche per i campeggi. Ne avevamo parlato con l’Assessore al Turismo della Regione Emilia-Romagna, Andrea Corsini, scoprendo che la cosa non gli era nota e siamo certi che anche i suoi altri diciannove colleghi siano in una situazione simile.
Eppure i costi ci sono, a partire dallo smaltimento e depurazione delle acque, alla corrente elettrica, alla sicurezza e alla manutenzione del verde.
Certo, si dirà, “all’estero” come fanno?
Il mitico “estero”, il giardino del vicino dove l’erba è sempre più verde e cresce rigogliosa, a volte non è vero, talvolta sì.
Nel caso specifico le politiche turistiche, in Italia delegate alla Regioni dopo la riforma del titolo V della Costituzione voluto dal Governo D’Alema II, non sono favorevoli né alle aree di sosta, né tantomeno ai campeggi destrutturati e questo è un problema serio e reale, perché se non si interviene fiscalmente, si rischia di perdere una fetta di mercato che è enorme, in talune zone d’Italia, nemmeno tanto secondarie, la maggiore quota che nemmeno gli alberghi si sognano di avere.
La politica turistica oggi è volta a incentivare le strutture alberghiere o similari e i campeggi-villaggi, tutto qui; ecco perciò che ci perdiamo una consistente quota di turisti itineranti esteri e costringiamo molti camperisti, caravanisti e campeggiatori italiani ad andare altrove.
Una politica turistica strabica si ripercuote poi sui prezzi al cliente ed ecco che i 12/ 16 euro al giorno per la sosta in una area, per il gestore significa la chiusura garantita e per il cliente, camperista, caravanista o campeggiatore che sia, vuol dire dar del ladro al gestore stesso.
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Perché in Italia chiudono sempre di più aree di sosta camper?
di Luca Stella
Il problema c’è e come sempre capita porsi una domanda può non voler dire avere una risposta semplice o che individui un unico male, magari con la ricetta giusta per curarlo.
Vediamo quindi di partire con la domanda: perché in Italia chiudono sempre di più le aree di sosta camper?
Partiamo dal discorso costi di gestione che sono particolarmente elevati a fronte di una politica dei prezzi che deve essere il più basso possibile, quasi nullo.
Questo è derivato da diversi fattori, il primo una politica fiscale nel nostro paese che non è incentivante per quanto relativo alle strutture di accoglienza nel nostro mondo, difatti vale anche per i campeggi.
Ne avevamo parlato con l’Assessore al Turismo della Regione Emilia-Romagna, Andrea Corsini, scoprendo che la cosa non gli era nota e siamo certi che anche i suoi altri diciannove colleghi siano in una situazione simile.
Eppure i costi ci sono, a partire dallo smaltimento e depurazione delle acque, alla corrente elettrica, alla sicurezza e alla manutenzione del verde.
Certo, si dirà, “all’estero” come fanno?
Il mitico “estero”, il giardino del vicino dove l’erba è sempre più verde e cresce rigogliosa, a volte non è vero, talvolta sì.
Nel caso specifico le politiche turistiche, in Italia delegate alla Regioni dopo la riforma del titolo V della Costituzione voluto dal Governo D’Alema II, non sono favorevoli né alle aree di sosta, né tantomeno ai campeggi destrutturati e questo è un problema serio e reale, perché se non si interviene fiscalmente, si rischia di perdere una fetta di mercato che è enorme, in talune zone d’Italia, nemmeno tanto secondarie, la maggiore quota che nemmeno gli alberghi si sognano di avere.
La politica turistica oggi è volta a incentivare le strutture alberghiere o similari e i campeggi-villaggi, tutto qui; ecco perciò che ci perdiamo una consistente quota di turisti itineranti esteri e costringiamo molti camperisti, caravanisti e campeggiatori italiani ad andare altrove.
Una politica turistica strabica si ripercuote poi sui prezzi al cliente ed ecco che i 12/ 16 euro al giorno per la sosta in una area, per il gestore significa la chiusura garantita e per il cliente, camperista, caravanista o campeggiatore che sia, vuol dire dar del ladro al gestore stesso.
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