Abbassare i toni

La notizia è giunta ieri attraverso il web, via smartphone, con la radio e poi tv, oggi ne parlano i giornali: uncamionistamanifestante ucciso dalla manovra di una collega tedesca. Le indagini diPoliziadiranno poi se trattasi di manovra accidentalmente finita in modo tragico oppure, e speriamo di no, voluta. In qualsiasi caso ci sono due attori di questa tragedia, protagonisti loro malgrado dell’evento, il manifestante e colei che non volendo aderire alla protesta cercava di aprirsi un varco per procedere. Lungi lo schierarsi aprioristicamente pro o contro, comunque la vicenda si è conclusa con lo scorrere del sangue ed è difficile distinguere qui il carnefice dalla vittima, visto che entrambi sono vittime, vittime dellaviolenza. La violenza che talvolta può anche apparire inevitabile, quasi fosse un male necessario, una sorta didentistada cui non ci si va certo volentieri ma si deve, altre volte vista per quello che è, violenza. E questo è il punto. Quando per l’affermazione dei diritti si ricorre alla piazza, alla fine il sangue scorre. Si potrebbe fare diversamente? Boh. Di certo la manifestazione dei propri diritti è stata una costante in tutto il ’900 e lo si è fatto in piazza, inItaliamatematicamente ogni vent’anni, dagli spari sulla folla inerme del “bravo”Generale Bava Beccariscontro gliitalianiche chiedevano pane all’alba del secolo scorso aMilanoper arrivare al vergognoso cappio esposto inParlamentodurantetangentopoli. Ogni 20 anni circa in Italia la piazza si è attivata (giusto per ricordare: 1898, 1920, 1945, 1968, 1992) per una affermazione di diritti e ogni volta è finita con una rivoluzione che ha portato poi alla controrivoluzione, ovvero al peggioramento di chi i diritti li rivendicava. L’ultima in ordine di tempo proprio quella di Tangentopoli, contro i costi della politica, che oggi infatti sono abnormi rispetto a quelli del quarantennio precedente e accusato di insaziabilità (45 milioni di euro al giorno di media fabbisogno Stato per i Governi fino al 1994, minimo 92 massimo 330 dopo). Sempre però in piazza e sempre con innocenti vittime. Più gente leggesse ilGattopardoe forse più si capirebbe “…se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi..”. Sarebbe il caso allora di pensare non già all’eliminazione delle manifestazioni, anche perché è sacrosanto tutelare il diritto di chi ha qualcosa da dire a farlo, fosse anche non condiviso, ma di ricordarsi che ogni rivendicazione di diritto rischia di calpestarne un altro e che tutte e due meritano il massimo rispetto e considerazione, non già quello del più forte, e che ogni “devi morire” gridato allo stadio alla tifoseria avversa, poi, a furia di dirlo, porta qualcuno a morire per davvero e non per sentito dire. E dopo lacrime di coccodrillo, prese di posizione, stracciamento di vesti, fino all’incidente successivo. Abbassare i toni, fare un passo indietro nella concitazione è importante. In quest’ottica, anche fare l’inchino con una nave da crociera soddisfa il diritto dei bravi turisti di essere soddisfatti nella loro voglia di trash, calpestando quelli di chi vive in un ambiente isolano al rispetto del proprio territorio: un turista passa e và, loro ci devono restare e vivere. Due giorni fa, altro esempio, una persona responsabile di una concessionaria mi ha scritto una e-mail davvero risibile, piena di inesattezze e di bugie concentrate in ogni rigo che credo abbia raggiunto il record storico della calunnia o del suo non aver capito nulla, ma convinta purtroppo per lei del contrario. Avrei potuto rispondere a tono, è vero, ma per quale motivo? Meglio farsi una risata, ringraziare di essere diverso nel profondo da quella persona e andare avanti per la mia strada. In quel caso l’indifferenza è la miglior risposta, speriamo che anche in altri casi si riesca a trovare modalità diverse dal confutare le ragioni senza passarci sopra con gli pneumatici diTIR.