“Dalle uno schiaffo prima di mettere in moto e non ti farà un fiato”: è tutt’altro che ‘violenza’, se lo fai, le salvi la vita I Lo dicono tutti gli specialisti
 
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“Dalle uno schiaffo prima di mettere in moto e non ti farà un fiato”: pazzesco, da non credere. Da denunciare subito. Ma non è come sembra. E non è una frase fatta ma la verità: è tutt’altro che ‘violenza’.
Sarebbe a dire? Se lo fai, le salvi la vita. Lo dicono tutti gli specialisti. Ma di che cosa stiamo parlando? lo chiariamo subito, ovviamente.
In un periodo segnato da terribili notizie di violenze e aggressioni contro le donne, il dolore e l’indignazione dell’opinione pubblica sono più che legittimi.
La condanna deve essere netta e senza equivoci: chi commette soprusi e abusi va perseguito con pene certe e adeguate. Ma la repressione penale non basta.
Almeno, se non è accompagnata da una crescita culturale, etica e umana collettiva. Le trasformazioni profonde nascono dal quotidiano.
Ecco la ragione di questa frase
Dall’educazione in famiglia e a scuola, dall’esempio negli ambienti di lavoro, dal rifiuto netto di ogni forma di prevaricazione, anche quella piccolo-borghese e apparentemente innocua che normalizza la sopraffazione. Se ognuno fa la propria parte — intervenendo quando vede una discriminazione, spiegando ai più giovani perché certe battute o certi comportamenti non sono accettabili, sostenendo le vittime — si possono compiere passi concreti. È un lavoro di lunga lena, che richiede impegno civile e responsabilità morale da parte di tutti: istituzioni, media, comunità.
Detto questo, la lingua e le espressioni che usiamo possono creare confusione. Prendiamo l’esempio di una frase ricorrente: “dalle uno schiaffo”. Pronunciata con leggerezza in un contesto umano, fa trasalire e suscita reale preoccupazione perché richiama la violenza. Ma non sempre il linguaggio figurato nasconde cattive intenzioni: in alcuni casi quella stessa espressione può avere un senso benigno, persino salvifico.

Ecco perché in auto ti consigliano di farlo
Immaginate di uscire di casa in una mattina d’inverno: fa freddo e molti gatti cercano riparo tra i motori caldi delle auto parcheggiate. Se salite in macchina e mettete in moto senza controllare, un piccolo animale nascosto può rimanere gravemente ferito o peggio.
Per questo motivo, in molte zone si è diffusa l’abitudine di “dare uno schiaffo” sul cofano — vale a dire un colpetto o un bussare deciso sulla lamiera — prima di avviare il motore, per spaventare e far scappare eventuali gattini nascosti. Dunque, non si tratta di nessun tipo di violenza contro nessuno. Lo schiaffo dunque, è alla macchina. E non fa un ‘fiato’ nel senso che il gatto andrà via senza piangere o lamentarsi di dolore o altro. È fondamentale chiarire: non si tratta di violenza verso gli animali, bensì di un gesto di prevenzione. Meglio ancora, si possono seguire pratiche più sicure e attente: controllare visivamente sotto l’auto, bussare sul cofano, accendere le luci o suonare il clacson a bassa intensità per richiamare l’attenzione, e, se si trova un animale intrappolato, contattare i soccorsi o un’associazione animalista. Così come combattiamo la violenza umana con fermezza e cultura, proteggere le creature più indifese richiede rispetto e responsabilità. Linguaggi e gesti vanno contestualizzati: certe parole fanno paura se riferite alle persone, ma trasformano il loro significato quando diventano azioni di cura, come salvare una gattina dal motore di un’auto.
