Germano Moro, la mia Europa

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Germano Moro

di Marika Wels

Germano Moro è un manager che sta vivendo da oltre trent’anni il settore. A lui abbiamo chiesto di spiegarci la sua visione del mercato.

D. Signor Moro, come vede il settore camper in Europa?

Risposta: più che di settore, parlerei di settori, al plurale. Trattasi di più segmenti di mercato che corrono paralleli. Vede, da un lato abbiamo i furgonati che stanno correndo e non sappiamo ancora bene quale sia la loro dimensione esatta. Si tratta di un mercato che fa riferimento nei giovani, e nei non più giovani, nei più dinamici e sportivi, ma che spazia anche in altri mercati, come quello delle auto per le mamme che poi diventa vettura di svago per tutti o quello degli uffici mobili; in molte nazioni europee vediamo sempre più parchi giochi o cantieri edili con mamme in un caso e architetti nell’altro che utilizzano proprio i modelli più compatti per il disbrigo delle loro attività quotidiane.
Questo non toglie però che gli altri segmenti non godano di buona salute.

D. Per esempio?

R. Per esempio i motorhome, che con l’arrivo dei modelli Carado e SunLight da un lato e Etrusco dall’altro completa l’offerta. Certo, attendiamo ancora che Adria proponga un SunLiving integrale o Weinsberg, ma diciamo che ormai il quadro è delineato e in ogni fascia di prezzo troviamo un ventaglio di proposte tale da poter dire che mai come oggi questo segmento è vivo e dinamico.

I semintegrali anch’essi sono in piena fase di sviluppo, grazie anche alle performance che si registrano in alcune nazioni, dove sono la tipologia più diffusa. Con o senza letto basculante anteriore, i profilati sono oggi una tipologia dalla quale non si può prescindere.

D. Non resta che chiudere con i mansardati.

R. Non nascondiamocelo, questa è la tipologia che oggi soffre più di tutte e ingiustamente. I mansardati hanno caratteristiche specifiche, una propria collocazione, ma sembrano non riuscire a spiegare al pubblico quali siano i mille pregi che hanno. È anche vero che il sistema di far vacanza è cambiato, e il consumatore ha altre priorità. Molti esperti del settore sono dell’opinione che basterebbe poco, non ci vogliono nemmeno grandi investimenti pubblicitari, quanto più una politica mirata per i concessionari, e pochi ma interessanti modelli di questa tipologia dal design accativante.

D. In che senso?

R. Vede, giustamente, il concessionario è lo specchio del mercato, è il suo polso e guai se non fosse così. Il concessionario non propone mezzi per fare museo ma per venderli e quindi questa è la sua funzione e guai a modificarla. Però è anche vero che il concessionario per primo, a mio avviso, deve essere stimolato a ritrovare le motivazioni e la fiducia per ripresentare il mansardato in una luce nuova, per coinvolgerli e portarne a casa di nuovi.

D. E questo secondo lei è possibile farlo?

R. Sì, anche se con motivazioni differenti in base alle nazioni.

D. Non resta che il mercato caravan.

R. Che trovo assolutamente in splendida forma. Oggi basta davvero poco, giusto che si riprenda in alcune nazioni e poi è un mercato vivo, vegeto, ad alta redditività e dal basso rischio.

D. In quali nazioni, a suo avviso potrebbe perfomare meglio?

R. In Italia, per esempio. In Italia il mercato è bloccato da una offerta che, per alcuni marchi, è mancante dei modelli che si potrebbero vendere, dall’altra di specialisti della vendita; pochi concessionari sanno venderle in modo corretto e profittevole e, non possiamo dargli torto, se ne avvantaggiano.

D. Quali sono secondo Lei le leve da poter utilizzare?

R. Dipende dal mercato e dalla nazione. Le dico solo una cosa, e lo affermo in tutta onestà e perché è un dato oggettivo e riscontrabile, io con i miei concessionari abbiamo sempre venduto moltissime caravan in Italia, nessuno con gli stessi marchi è riuscito poi a fare meglio, e questo in tutte le nazioni nelle quali ho avuto l’onore di lavorare. Bene, non credo ci voglia chissà quale ricetta miracolosa, basterebbe copiare quello che ho fatto e il risultato salta fuori. Pensi che, curiosamente, ho utilizzato il medesimo schema, seppure solo in Italia e in Svizzera, anche per i furgonati e ha funzionato egregiamente, segno evidente che quando il metodo funziona, funziona e tutti se ne avvantaggiano: costruttore, concessionario e cliente.

D. Come è possibile?

R. Perché è vero tutto quello che vuole, che le “P” del marketing pesano sul mercato e quindi il prodotto deve essere giusto e accativante, al prezzo giusto, promosso in modo giusto, con la distribuzione ideale, rispondente al target in modo perfetto ma poi alla fine quello che diventa determinante è il fattore umano. Ecco spiegato perché ci sono nazioni nelle quali un determinato camper o una caravan vendono più o meno del previsto; perché è sempre l’uomo a fare tendenza e la differenza e a pesare in modo determinante sul successo o meno di un certo veicolo ricreazionale e quindi su un determinato marchio. È il buon direttore che fa il “Buon Marchio”.

(traduzione a cura di Marika Wels, intervista di Newscamp.info edizione Germania, pubblicata per gentile concessione)

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